Il Trattato di Fontainebleau

L'Isola d'Elba fu scelta da Napoleone o dai suoi avversari ?


Sei aprile 1814. A Fontainebleau, Napoleone firma la sua capitolazione ...

Sei aprile 1814. Da vent'anni il mondo intero invoca il nome di Napoleone. Da quattordici anni il piccolo Corso governa la Francia. L'ha dotata del Codice Civile, che rappresenta la più perfetta raccolta giuridica dopo quella di Giustiniano. L'ha racchiusa in un'organizzazione amministrativa che il passare del tempo non riuscirà a distruggere. Ma avendo, secondo una espressione celebre "reso la Rivoluzione navigabile" e portato la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo in tutta Europa, si è ritrovato, proprio per questa ragione, tutta l'Europa coalizzata contro di lui.

Sei aprile 1814. In vent'anni, Napoleone ha condotto sessanta battaglie e circa trecento combattimenti. Diciannove cavalli sono stati uccisi sotto di lui. Vincitore a Rivoli, al Cairo, ad Austerlitz, a Jena, a Friedland, a Madrid, a Wagram o alla Moscova, è battuto alla Beresina e a Lipsia. Attualmente lotta contro tutte le armate d'Europa. Queste ultime hanno invaso la Francia dal nord, dall'est e dal sud. Vengono dalla Germania, dalla Russia, dall'Austria, dall'Inghilterra e dalla Spagna. E l'Imperatore dei Francesi non dispone che di un pugno di uomini. Uno contro dieci, e riesce ancora a trionfare sui suoi nemici. A Brienne, a Champaubert, a Montmirail, a Montereau, a Reims li schiaccia.

Sei aprile 1814. L'epopea giunge ormai al termine. Il 30 marzo Parigi capitola - Napoleone non ne era al comando. Prussiani, Russi e Austriaci vi entrano, fanfara in testa. A Fontainebleau, dove l'Imperatore e le sue truppe riprendono fiato, due clan si affrontano. In uno, Napoleone e i "piccoli, i senza nome, i non graduati" sognano di partire alla riconquista della capitale. Nell'altro i "pezzi grossi" del regime complottano la caduta del Capo. No, i Marescialli non volevano più combattere! Sia che il loro patriottismo li invitasse a separare il destino di Napoleone da quello della Francia assetata di pace, sia che il loro interesse li consigliasse di godersi le ricchezze ricevute dall'Imperatore, i Marescialli si preparavano ad abbandonarlo. Anzi: a tradirlo. Il primo è Marmont, seguito da Augereau; gli altri assediano Napoleone nella speranza di convincerlo.



Sei aprile 1814. In un piccolo salone del palazzo di Fontainebleau, l'Imperatore capitola. Davanti ai suoi migliori amici, divenuti improvvisamente suoi avversari, scarabocchia queste righe:
"Le potenze alleate, avendo proclamato che l'Imperatore è il solo ostacolo al ristabilimento della pace in Europa, l'Imperatore Napoleone, fedele al suo giuramento, dichiara di rinunciare per se stesso e per i suoi eredi ai troni di Francia e d'Italia, perché non vi è nessun sacrificio personale, fosse anche quello della vita, che Egli non sia pronto a compiere nell'interesse della Francia."

Dopo questa abdicazione, firmata in stato di costrizione, egli esamina freddamente il suo avvenire. Il grande scudiero Caulaincourt, i marescialli Macdonald e Ney, vanno a perorare la sua causa presso i nemici vincitori. Dai loro incontri esce il Trattato di Fontainebleau, datato 11 aprile. Ventun articoli dispongono del futuro di Napoleone e della sua famiglia. Il primo di questi articoli conferma la rinuncia del Vinto alla Corona di Francia. Con il secondo l'Europa accetta che "Le loro Maestà, l'Imperatore Napoleone e l'Imperatrice, conservino questi titoli e qualifiche per goderne durante tutta la loro vita".

Il terzo recita: "L'Isola d'Elba, scelta da Sua Maestà l'Imperatore Napoleone come luogo del suo soggiorno, formerà per tutta la durata della sua vita un principato separato, da Lui posseduto in tutta sovranità e proprietà". In realtà è per pura cortesia che gli alleati utilizzano l'espressione "scelta", perché Napoleone è stato costretto ad accettare questo esilio.

Lo stesso articolo prevede che: "Gli sarà dato, inoltre, in proprietà esclusiva una rendita annuale di due milioni di franchi, da addebitare alle casse dello Stato francese". Un debito dunque a carico di Luigi XVIII, il nuovo re.

Volendo garantire la sicurezza di Napoleone, l'articolo IV obbliga le potenze a "impiegare i loro buoni uffici per far rispettare agli stati barbareschi la bandiera e il territorio dell'Isola d'Elba". Clausola molto importante, poiché i pirati nord africani effettuavano alle volte incursioni sull'Isola con il proposito di razziarvi donne e bambini. La presenza di Napoleone avrebbe potuto incitarli a rapirlo per ottenerne un riscatto. Per questo motivo il Trattato lo autorizzava inoltre a "portare con sé e mantenere come guardia quattrocento uomini di buona volontà tra ufficiali, sottufficiali e soldati".

A questo impegno - firmato dai mandatari di Napoleone, del Re di Prussia, dello Zar e dell'Imperatore d'Austria - Luigi XVIII aggiunse una "Dichiarazione" con cui prometteva "che tutte le clausole del trattato a carico della Francia sarebbero state fedelmente rispettate".

Dunque, nessuna scappatoia possibile? Napoleone diviene proprietario dell'Isola e deve restarci tutta la vita; il suo successore sul trono di Francia si obbliga a versargli ogni anno due milioni di franchi (cosa che non farà); l'Europa si impegna a difenderlo contro qualsiasi tentativo di rapimento e gli permette di costituire una guardia per la propria difesa. Non gli resta che scegliere i quattrocento uomini di questo battaglione e incamminarsi con loro verso il nuovo destino.
Immediatamente si accendono litigi fra i soldati della vecchia guardia: tutti vogliono seguire il loro idolo. Ciascuno esibisce titoli superiori a quelli degli altri. Uno minaccia Napoleone di "far scorrere sangue" se non fosse stato scelto. Davanti a queste prove d'amore, i commissari alleati chiudono gli occhi sull'aumento del numero dei soldati. Non più quattrocento, ma seicento potranno recarsi all'Isola d'Elba.

In attesa della partenza, l'Imperatore ripulisce la biblioteca del castello. Aiutato da Marchand, il suo primo valletto da camera, sceglie i libri che, anche solo in qualche capitolo, possono illuminarlo sul suo futuro regno. Geografia, risorse agricole e marine, su tutto intende essere ben informato prima di sbarcarvi. Per caso scopre una piccola opera appena pubblicata, intitolata Notice sur l'Isole d'Elbe. Non c'è il nome dell'autore, ma è pubblicata a Parigi. Con emozione la sfoglia. Da questa raccolta di centotrenta pagine attingerà le basi di una conoscenza specifica in grado di sorprendere gli Elbani. Fa imballare anche la collezione del Moniteur Universel dal 1789 al 1813. E così pure le opere di Cervantes, Fénelon, La Fontaine, Voltaire, Rousseau, di Bernardino di san Pietro e naturalmente di Plutarco. La Vita degli uomini illustri è sempre stato il suo libro preferito: fonte di nuove energie, vi trova importanti insegnamenti.

Il 21 aprile l'Imperatore decaduto dà l'addio alle truppe. Nel cortile del Cavallo Bianco passa in rivista i veterani della Guardia. Non potendo abbracciare tutti, butta le braccia al collo al loro generale. Bacia la loro bandiera e balbetta con voce incrinata:
"Che questo bacio passi nei vostri cuori! Con il pensiero seguirò sempre i vostri destini insieme a quelli della Francia. Addio, figli miei!... I miei auguri vi accompagnino. Non dimenticatemi!"

Lasciando Fontainebleau, si dirige verso Antibes dove conta di imbarcarsi. Tredici carrozze seguono la sua con lo stato maggiore dei suoi fedeli insieme a quattro commissari alleati incaricati della sorveglianza.
Comandata dall'oscuro generale Cambronne, la Guardia napoleonica elbana scorta le carrozze. Fino a Briare, nel Loiret nessun incidente turba il mesto corteo. Napoleone decide allora di distanziare i suoi protettori e dar loro appuntamento all'Isola d'Elba. Sempre sotto il comando di Cambronne, la guardia attraverserà la Francia a piedi.

"A presto!" urlano vedendo le quattordici vetture prendere il galoppo.
"E non bighellonate!" risponde Napoleone. Arrivederci fra tre settimane!

E lascia i suoi bravi, questo semidio caduto da un trono prodigioso, questo ardito distrutto da una sventura indegna di lui.

A Valence incontra Augereau che l'ha tradito e che, dandogli del tu, lo insulta. In Provenza esplode la vigliaccheria della folla. Non molto tempo prima aveva urlato: "Viva l'Imperatore!" Oggi chiede a gran voce la sua testa. Gli abitanti d'Orgon rompono i vetri della sua carrozza e gli mostrano i pugni. Imbrattato di sangue, un fantoccio-caricatura di Napoleone pende da una forca al centro del villaggio. Di fronte a questa minaccia, egli si sente mancare la terra sotto i piedi. Si traveste da postiglione e galoppa davanti al corteo come fosse un messaggero.

Arrivato per primo a Saint-Canat mette i piedi a terra davanti ad un albergo chiamato "La Calade". Non riconoscendolo l'albergatrice lo apostrofa:
"Avete per caso incontrato Bonaparte? Verrà davvero imbarcato per la sua isola? Speriamo che lo anneghino!"

Quando i commissari alleati lo raggiungono si chiude con loro in una camera e riappare mascherato: uniforme austriaca, mantello russo. E continua il viaggio invitando i suoi guardiani a non trattarlo con deferenza per rendere più credibile la finzione.

Al castello di Bouilledou, presso Luc, lo attende sua sorella Paolina. Vedendo il fratello così travestito lei si rifiuta di abbracciarlo. Napoleone si mette allora dietro un paravento e indossa l'uniforme delle guide. La sorella a questo punto si getta nelle sue braccia e tutte e due piangono allacciati. Promette di raggiungerlo all'Isola e trova il modo, per quattro ore, di consolarlo arrivando perfino a farlo sorridere.

Chi accompagnava l'Imperatore in questa via crucis? Il conte Bertrand, gran maresciallo del palazzo; il generale Drouot, nominato dai suoi amici "Il Saggio della Grande Armata"; il fedele Marchand, valletto di camera che sostituisce il famoso Constant, fuggito dal naviglio imperiale con i topi; altri personaggi più umili ma non per questo meno devoti; infine i quattro commissari alleati, i loro aiutanti di campo e i portaordini. Due di loro si imbarcheranno con Napoleone: il generale austriaco Koller e sir Neil Campbell, colonnello di Sua Maestà Britannica.

Britannico è anche il vascello. Si chiama, ironia della sorte, Undaunted - l'Intrepido, ed impiegherà cinque giorni per andare, non più da Antibes, la cui popolazione non dava più sicurezza, ma da San Rafael a Portoferraio, capitale dell'Isola d'Elba.